Tra i tanti stranieri che abitano la città di Praga (e ancor di più tra i tantissimi turisti che ogni anno affollano ogni angolo del suo meraviglioso centro storico) non sono in molti a saperlo, ma, appena visibile dietro al paravento naturale formato dagli alberi che ricoprono la collina di Petřin, si nasconde silenzioso un vecchio dinosauro di cemento: si tratta del Grande stadio di Strahov (in ceco Velký Strahovský Stadion).
I numeri di questa enorme struttura sportiva sono impressionanti: lo stadio di Strahov è infatti considerato il più grande impianto sportivo di questo tipo esistente al mondo, con tribune disposte su tutti e quattro i lati capaci di contenere fino a 250.000 spettatori e che circondano interamente un’area di 62.876 mq, all’interno della quale, per avere un’idea più precisa delle misure, potrebbero trovare posto uno accanto all’altro ben nove campi da calcio.
Questa gigantesca arena fu costruita nel 1926, a solo 8 anni dalla nascita della Repubblica Cecoslovacca al termine della Prima guerra mondiale, e al tempo era più piccola e dotata di semplici tribune in legno, sostituite poi nel 1932 dalle attuali gradinate in cemento.
Ha subito successivamente due diversi interventi di ammodernamento e ampliamento, rispettivamente nel 1948 e nel 1975, fino a raggiungere la dimensione e l’aspetto attuali.
La funzione originaria

La struttura venne realizzata con lo scopo di ospitare i cosiddetti “Slety”, ovvero impressionanti raduni di massa coreografici di ginnasti che venivano organizzati a intervalli di tempo regolari fin dal 1882, seppur con alcune interruzioni dovute all’instabilità della situazione geopolitica di quel periodo.
Questi raduni erano a loro volta organizzati dal movimento Sokol, che in ceco significa “falco”, un’associazione sportiva di ginnastica (ma non solo, fu in realtà molto attiva sotto vari fronti per il rilancio dell’orgoglio e della cultura nazionale) che venne fondata a Praga nel 1862 e che prese successivamente questo nome proprio perché il falco era considerato all’epoca il simbolo per eccellenza della libertà e del coraggio.
I fondatori di questo movimento, che in un primo periodo venne chiamato semplicemente “Unione Ginnica di Praga”, traevano ispirazione dalla massima di Giovenale: “mens sana in corpore sano” ed erano pertanto fermamente convinti che la salute e la bellezza del corpo fossero inseparabili dalla bellezza dello spirito e che, di conseguenza, le due cose fossero direttamente proporzionali sia a livello individuale che su scala nazionale.
Durante il regime comunista: le “Spartakiády”

Il Sokol, a parte durante il periodo della Seconda guerra mondiale, quando fu messo letteralmente al bando in seguito all’occupazione tedesca della Cecoslovacchia, proseguì indisturbato la propria attività (in alcune fasi anche assumendo una connotazione fortemente militaristica) fino al colpo di stato del 1948 che, mettendo al potere il Partito Comunista Cecoslovacco, dette inizio ai successivi quarant’anni di regime comunista.
Proprio nell’estate di quell’anno venne organizzato l’ultimo Slet “indipendente” della storia, al quale parteciparono 500.000 atleti, dopodiché il Sokol venne nuovamente messo al bando e tutte le associazioni locali giovanili di questo storico movimento vennero riunite in due distinte associazioni sportive: l’Unione Socialista dell’Organizzazione Giovanile dei Pionieri per i ragazzi compresi fra gli 8 e i 15 anni e l’Unione della Gioventù Cecoslovacca per i giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, entrambi facenti capo al sistema dell’Educazione Fisica Nazionale.
A partire da allora furono quindi queste due nuove associazioni ad occuparsi dell’organizzazione nel Grande stadio di Strahov, con cadenza quinquennale, dei successivi Slety, che però sotto il regime acquisirono la medesima denominazione delle competizioni agonistiche di ginnasti esistenti nell’allora Unione Sovietica (dove erano state introdotte dal 1928 in sostituzione dei Giochi Olimpici), ovvero “Spartakiády”, nominativo scelto in onore del tracio Spartaco, gladiatore e condottiero di fama leggendaria che dal 73 al 71 a.C. capeggiò la rivolta degli schiavi a Roma e che, per questo motivo, era considerato dai sovietici un vero e proprio simbolo dell’internazionalismo proletario.
La prima Spartakiáda dell’era socialista venne organizzata nel 1955, in occasione del decimo anniversario della liberazione del paese dall’occupazione nazista (avvenuta nel maggio del 1945) e i grandi raduni coreografici giovanili degli atleti continuarono regolarmente ogni cinque anni fino al 1985, con la sola eccezione di quello del 1970, che non venne organizzato in quanto erano trascorsi soltanto due anni dalla Primavera di Praga con la conseguente occupazione militare del paese e si temeva che non fosse prudente, in quel clima di insofferenza, riunire in un unico luogo un così grande numero di cittadini.
Quella del 1985 fu anche l’ultima Spartakiáda organizzata nel glorioso stradio di Strahov, diventato ormai uno dei simboli della città, perché il 1989 portò con sé la caduta del regime comunista in Cecoslovacchia a seguito della Rivoluzione di Velluto capeggiata dal futuro presidente Václav Havel e lo Slet del 1990 fu celebrato in tono decisamente minore, con l’assenza di molte categorie e degli atleti slovacchi, cosa che rese possibile spostarlo nel più piccolo stadio Evžena Rošického, che si trova proprio lì accanto.
Lo stadio oggi
Oggi il Grande stadio di Strahov, che è stato anche teatro negli anni ’90 e fino al 2002 di concerti tenuti da celebri band internazionali come i Rolling Stones, i Guns N’ Roses, gli Aerosmith, i Pink Floyd, gli AC/DC ed altri grandi nomi, versa in stato di quasi totale abbandono, con le storiche gradinate che sono ormai per lo più inagibili e chiuse al pubblico.
Al suo interno vi sono attualmente sette campi da calcio di misure regolamentari (di cui uno in erba sintetica) e un campo da calcio a 5, mentre la restante parte dell’area è occupata da una moderna struttura con servizi di proprietà dello Sparta Praga (la principale squadra di calcio della capitale ceca), che svolge qui gli allenamenti della prima squadra e delle giovanili.
Nel corso degli anni sono stati proposti vari interventi di recupero di questa mastodontica struttura e ne è stata più volte ipotizzata anche la completa demolizione, ma al momento né l’una né l’altra ipotesi si sono mai concretizzate: nonostante lo stato di abbandono in cui versa la struttura esterna, però (o forse proprio per quello), io credo che arrivare di fronte a questo vero e proprio “monumento al nazionalismo” sia una delle cose che, specialmente chi abita stabilmente a Praga, dovrebbe fare almeno una volta.
Nel grandissimo piazzale di fronte allo stadio (dal quale tra l’altro si domina un bellissimo panorama della città), conoscendone la storia e le vicissitudini, si respira un’atmosfera molto particolare, si percepisce ancora oggi il senso di grandiosità, di orgoglio nazionale e insieme di soggezione che questa immensa arena, diventata suo malgrado uno dei simboli del regime, doveva trasmettere ai cittadini che da varie parti del paese vi arrivavano davanti per assistere o partecipare attivamente a questi immensi raduni collettivi.
E soffermandosi ad osservare le gradinate sembra di sentire ancora oggi, a distanza di tanti anni, le musiche che, ad ogni edizione degli Slety prima e delle Spartakiády poi, accompagnavano le splendide coreografie degli atleti ordinatamente schierati all’interno, decine di migliaia alla volta, provenienti da tante cittadine diverse, eppure perfettamente sincronizzati l’uno con l’altro grazie a mesi e mesi di prove generali nelle varie palestre degli istituti scolastici.
E sembra ancora oggi di sentire gli applausi entusiasti degli spettatori, che spesso e volentieri accompagnavano con il battito delle mani i movimenti dei loro giovani impegnati sul campo a ritmo di musica, armati di macchine fotografiche analogiche e di binocoli per vedere meglio.
Molto interessante dal punto di vista architettonico è anche l’alta doppia torre in cemento e vetro di forma trapezioidale che domina letteralmente il centro del piazzale e ben visibile anche in lontananza dal lungo Moldava, in realtà una grande ciminiera necessaria a smaltire i fumi di scarico delle automobili dal tunnel che passa proprio sotto allo Stadio attraverso la collina di Strahov.